 |
|
 |
|
 |
|
 |
|
 |
| Storie di Gatti e di Gabbiani |
|
 |
| Può una piccola gabbiana essere allevata da un gruppo di simpatici gatti del porto? Si, se la gabbiana si chiama Fortunata e il grosso gatto nero Zorba. Se nulla vieta a due specie così diverse come gatti e gabbiani di andare d’accordo e volersi bene, perché per noi umani è così difficile?... Tra buffi pinguini e topi famelici c’è sempre il momento per capire come anche le fiabe siano lo specchio della società. |
|
|
 |
C’era una volta uno stormo di gabbiani che volava da molto tempo in mezzo alle nuvole. Tra di loro c’era anche Kengah, una bella gabbiana dalle piume d’argento. I gabbiani erano stanchi, avevano fame ed allora si tuffarono nel mare per mangiare. Si stavano riempiendo per bene la pancia quando, all’improvviso, un grido d’allarme li fece volare via tutti. Kengah, che si era immersa per caturare l’ultimo pesciolino, non si accorse che un macchia di petrolio stava coprendo quel pezzo di mare. Tutto si fece buio. Kengah urlò di paura e tentò di riemergere, ma la macchia nera la imprigionò. Il petrolio in un attimo le incollò le ali, poi riuscì, con uno sforzo disperato, ad emergere e volare, ma era esausta e iniziò a perdere quota precipitando morente nel terrazzo di Zorba, un gatto del porto dal cuore d’oro. Commosso dallo stato della gabbiana, Zorba non riuscì ad opporsi alle sue strane richieste. Kengah infatti, proprio in punto di morte, gli affidò il suo uovo e gli strappò ben tre promesse: di non mangiarlo, di averne cura finché non si schiuderà e di insegnare a volare al piccolo che nascerà. Alla morte di Kengah, Zorba si trovò così in un bel pasticcio: non voleva recedere dal patto fatto, ma non sapeva proprio come comportarsi con quell’uovo che stava immobile davanti ai suoi occhi. Decise così di chiedere aiuto ai suoi amici gatti: Colonnello, Segretario e Didero, l’intellettuale del gruppo. Insieme consultarono libri, cercando di farsi una cultura sui gabbiani, tentarono di scoprire metodi e strategie per la cova e la cura dei piccoli. Zorba, assistito dai suoi amici, portò avanti con determinazione la cova dell’uovo. Quando l’uovo si schiuse, Zorba si improvvisò a far da mamma a una tenera gabbianella che chiamarono Fortunata.
Fortunata diventò grande sentendosi a tutti gli effetti un gatto al punto che, un bel giorno mentre tutti i gatti stavano ronfando al sole, lei decise di andare a caccia di topi. Zorba e i suoi inseparabili compagni non esitarono a calarsi nelle fognature per affrontare il capo topo, riuscendo con coraggio ed astuzia a salvarla.
Fortunata con questa esperienza aveva però capito di non essere un gatto ed ora aveva paura che i gatti la mangiassero. A quel punto Zorba si rese conto che, per mantenere fede alle promesse fatte, ormai gli rimaneva ancora un compito, il più arduo e difficile: insegnare a Fortunata a volare. A lungo l’impresa apparve disperata: a nulla servivano gli incoraggiamenti e i tentativi di ogni genere. Diderot convocò anche un certo Leonardo dal Polo, un tipo strano che aveva imparato a volare, ma fu inutile: Fortunata non riusciva a staccarsi da terra.
Disperati, bisognosi d’aiuto e ormai privi di idee, i gatti pensarono che l’unica e ultima soluzione potesse essere quella di chiedere consiglio a qualche umano, consapevoli che per far ciò avrebbero dovuto per la prima volta infrangere una loro ferrea regola, rompere un grande tabù: quello di parlare con gli umani. Ma quale umano potrebbe entrare in sintonia con il loro mondo? Chi potrebbe accettare il fatto che i gatti capiscono la lingua degli umani, senza farli diventare animali da circo? Chi potrebbe essere in grado di ascoltarli e aiutarli? Il poeta del porto, l’unico umano che sapeva volare con le parole e credere nei sogni. Con la sua complicità riuscirono a raggiungere la cima del campanile durante una notte di pioggia e temporale. Con amore e parole giuste Fortunata riuscì finalmente a spiccare il volo e a unirsi a uno stormo di gabbiani, sparendo all’orizzonte davanti allo sguardo commosso della sua grande famiglia di felini.
Zorba rimase a contemplare il panorama finché non seppe se erano gocce di pioggia o lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli, di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del Porto. |
|
|
 |
|
 |
| Un adattamento per maschere della famosissima fiaba di Peter Pan, ovviamente rivisitata e modificata nello stile della Bottega delle Fiabe. Le maschere serviranno a rendere ancora più “spettacolare” il gioco dei personaggi, tutta la componente gioiosa presente nella storia. Un punto di partenza dal quale prendere il volo verso un mondo fantastico, popolato da fate, bimbi sperduti, indiani maldestri, marinai ubriachi e dal terribile Capitan Uncino. Una storia immortale e senza fine poiché “tutti i bambini crescono, tutti, tranne uno”. |
|
|
 |
|
|
 |
|
 |
|
 |
| La compagnia, con la rappresentazione: “Il Gatto con gli Stivali”, ha voluto portare sulla scena il clima d’avventura tipico di questa fiaba popolare; dove un gatto furbo e agile (ma diciamolo, anche di buon appetito!) affronta numerose prove, tra peripezie e incontri più o meno fortunati, il tutto per il bene del suo amato e venerato patrone: il Marchese di Carabas.
Duelli, principesse, orchi e risate si mescolano nella fiaba di Perrault con un ritmo incalzante, un’avventura che ci proietta nella Francia del Settecento, dove un gatto speciale calza un paio di magici stivali e ci trascina in quel fantastico mondo che è il teatro.
Adatto ad un pubblico dai 5 ai 95 anni!!! |
|
|
 |
|
|
|